Sono diciannove anni che portiamo in scena le Cene con Delitto, la prima il 27 Luglio 2005, i miei colleghi ed io venivamo dal teatro tradizionale, ci avvicinammo a questo nuovo genere con un po’ di supponenza, con la puzza sotto il naso. Dopo quella esperienza, però, ci rendemmo conto del potenziale del linguaggio del Teatro Interattivo, perché di questo si tratta, testo ed improvvisazione, interagendo con il pubblico, toccandolo, respirandolo, in uno scambio di energie continuo. Il pubblico è immerso nella storia dal primo istante, ne è parte integrante, viene trasportato all’interno del contesto della trama, non è più spettatore. È chiamato a giocare a fare l’investigatore privato, deve ogni volta risolvere un caso di omicidio, un gioco intrigante, ed è proprio il gioco che riesce ad avvicinare al Teatro una bella fetta di pubblico che normalmente, credo, non lo farebbe. Tommaso Chimenti, noto e fine critico teatrale che ci segue dagli albori, nel Novembre 2017 ha colto, con spiccata sensibilità questo ed altri aspetti che La Compagnia del Giallo porta avanti con orgoglio da oltre 650 repliche, per un totale di oltre 50000 spettatori, scusate se snocciolo tutti questi numeri, ma ne siamo orgogliosi, siamo la prima Compagnia che ha portato le Cene con Delitto in Toscana, dopo di noi ne sono nate a decine, credo che se siamo stati così tanto imitati significa che stava funzionando. Quando abbiamo letto la recensione di Tommaso, conoscendo la sua giusta severità e genuinità di valutazione, ci siamo commossi, un uomo che conosce il Teatro tutto, ha riconosciuto un lavoro fatto di fatica, amore e passione, è un grande premio per noi che viviamo anche di improvvisazione, ma che non siamo improvvisati. Portare in scena una Cena con Delitto non è cosa banale, è un prodotto semplice, ma come tutte le ricette che si distinguono dalla massa, ha bisogno di ingredienti sani, genuini e di qualità. Viva la Cena con Delitto, un linguaggio del quale mi sono innamorato più di sedici anni fa e che spero di portare avanti con i miei adorati compagni di viaggio, tanti dei quali sanno di famiglia, ancora per tanti anni, fino a che non avrò i capelli bianchi.
L’articolo di Tommaso:
FIRENZE – Ci sono tanti modi per fare teatro, per proporlo, per organizzarlo, per renderlo fruibile. E’ vero che il maestro Peter Brook diceva che basta un cerchio di persone e lì nel mezzo è già teatro. C’è chi utilizza scenari naturali, ho visto teatro su torri o in cantine, sulla spiaggia o dentro le stive delle navi, dentro castelli o appartamenti, chi lo fa nelle piazze, nei boschi, nei borghi, nei giardini, dai balconi, nelle vigne, per strada. Le vie del teatro sono infinite ma la magia che si crea, quel tempo di parentesi, fiducia e sospensione, quel gioco invisibile ma palpabile, quel filo sottile delicato e morbido che si genera tra gli attori, con la loro carica, adrenalina ed entusiasmo, e il pubblico di fronte a loro è un qualcosa che sa di incantesimo e sortilegio. Tutti con la bocca aperta e il naso all’insù, torniamo bambini in ascolto, partecipato e vivo, di una nuova storia tutta da assaggiare, mordere. E non ha importanza che dal palco, rialzato o meno, vero o improvvisato, si parli di Amleto, dei dinosauri o degli alieni, l’attore, con la sua voce, le sue movenze tra il ruolo d’invenzione e l’hic et nunc del momento, il suo carisma, la sua tenacia, il suo farsi pifferaio magico e guida ciceronica, ci seduce e ci conduce in mondi paralleli dove è la fantasia il principale protagonista.
E anche in questa cena con delitto (che tanto vanno di moda negli ultimi anni e che, merito di queste compagnie che fanno del mestiere e della sana improvvisazione i loro cavalli di battaglia, riescono ad intercettare e avvicinare un nuovo pubblico, molte volte vergine e giustamente ingenuo dei meccanismi e delle dinamiche teatrali) messa in opera dalla fiorentina La Compagnia del Giallo ci sono tutti gli ingredienti essenziali, pur nella semplicità della costruzione e della macchinazione drammaturgica: attori dotati di quello spunto fascinoso, di quello scatto inaspettato, di quel lampo che lascia esterrefatti, di quella scintilla comica che sa d’arguzia e intelligenza, di quello charme per stare a contatto con una platea non del tutto avvezza alle convenzioni della scena, professionisti pronti a captare movimenti e brusii, mezze parole da parte degli astanti per cavalcarli e fare breccia, riuscire a sentire il “respiro” e la “pancia” di quel “mostro” (a volte indomabile altre docile, dipende dal polso di chi conduce le danze) che sono gli spettatori che vanno conquistati ad uno ad uno ma si muovono, come gli stormi nel cielo, in un volo unico. Sbagliare è facilissimo, il rapporto è delicato, fragile, friabile.
Ma La Compagnia del Giallo (attivi da più di dieci anni con oltre 500 repliche all’attivo) basandosi sulla falsa riga e sul canovaccio che parte da Agatha Christie, passa da Simenon e arriva fino all’Ispettore Colombo, tange Derrick e Kojak, fino a sfociare nella Signora in Giallo, riescono, attraverso un ventaglio di situazioni e un caleidoscopio di interattività, a coinvolgere, divertendo, a fare ragionare e riflettere, a pensare a ingranaggi e sotterfugi, a combine e mascheramenti, a punti interrogativi e dettagli celati. Interessante anche, a livello sociale più che sociologico, in un mondo sempre più individualista e diviso, l’approccio comunitario dell’esperimento: ogni tavolo, da dodici o più commensali (si cena tra una scena e l’altra, il prezzo varia tra i 25 e i 35 euro a seconda della location), si muove, soprattutto per stilare il suo rapporto e referto, per individuare colpevole, mandante, movente ed esecuzione, come un unico inquirente, un solo corpo con più cervelli, il che stimola il confronto, l’analisi collaborativa, l’ascolto delle tendenze e delle opinioni altrui: un bell’esercizio in quest’era egotica. Una formula vincente.
La Compagnia del Giallo ha in carnet commedie medievali, come questa che abbiamo visto, “La ridiculosa historia di Guillelmo”, a sfondomusicale, “Morte a 78 giri” immerso negli anni ’30, a tema Ultimo dell’anno “Cattive azioni”, o scolastico, “Cena di classe”, ambientata nel mondo colorato del circo con “Circo-lo vizioso”, o nell’ambiente di tele e pittori con “Morte a colori”. Tra gli attori non possiamo non citare e ricordare Alberto Orlandi e Fulvio Ferrati, anche tra i fondatori, sempre sul pezzo e con sprint da vendere, curiosi, istrionici, svegli, sempre presenti, dai molti guizzi e flash, scattanti, geniali nel cogliere e capire i momenti della serata e nel “leggere” i tanti pubblici diversi. La suspense non manca mai, così come il mistero, la nebbia attorno al nome dell’assassino che, come nei migliori noir, potrebbe essere qualunque personaggio della pièce poiché tutti i protagonisti avevano ampi motivi per volere la morte dell’ucciso.
Tommaso Chimenti 02/11/2017